L’operazione da macelleria kosher posta in essere da Israele nella Regione di Gaza, contro un popolo intrappolato e inerme (i quattro razzi al giorno lanciati da Hamas sono solo la foglia di fico dietro la quale si cela la protervia e l’arroganza del potente vicino) è di una tale gravità da lasciare annichiliti.
Eppure, di fronte a tragedie se non analoghe al meno somiglianti – di pulizia etnica, per intenderci – consumate nel cuore dell’Europa, la risposta fu forte, corale, visibile. Il bombardamento del Kosovo nella primavera del 1999, da parte della Nato (e dell’Italia), innescò un movimento di protesta che, qui in Veneto, coinvolse studenti, insegnanti, centri sociali, associazioni, singoli cittadini … che seppe bloccare e rallentare i “treni della morte”, e portarsi ripetutamente sui luoghi simbolo (e non solo) della guerra: Aviano, Vicenza, Istrana… per gridare che questa non risolve i problemi del mondo, apre lacerazioni insanabili tra i popoli ed è solo foriera di morte e lutti interminabili, è l’estrema dimostrazione di volontà di dominio brutale e non prepara alcuna pace duratura. Quanta verità vi fosse in quel grido lo provò, purtroppo, il dopoguerra…
Certamente il coinvolgimento diretto dell’Italia e la vicinanza geografica del conflitto giocarono allora un ruolo di primo piano nel gonfiare l’onda di protesta, e tuttavia quanto sta accadendo in queste settimane nella Striscia dovrebbe ugualmente interrogare le nostre coscienze, al di là di ogni considerazione di appartenenza politica, religiosa, sociale, etnica e culturale.
Israele non può far pagare ai palestinesi la sua crisi, così come non può continuare a far leva sulla (altra) grande tragedia vissuta dal suo popolo per chiedere al mondo intero una sorta di impunità (indifferenza, se non consenso) per le sofferenze che da lustri infligge al popolo palestinese.
Le analisi su colpe e responsabilità – ma non certo quelle su cui si sta esercitando in modo ipocrita e reticente buona parte della stampa e dei media nostrani (ma si sa, la menzogna è l’altra faccia della guerra, di ogni guerra) – pur necessarie, devono tuttavia oggi cedere il passo ad una priorità assoluta, quella di fermare il massacro, di far tacere le armi.
E allora, un appello.
La manifestazione del 17 gennaio a Roma è sicuramente un’occasione importante da raccogliere e sostenere, così come quella di Vicenza a noi più vicina. E tuttavia, siamo convinti che solo allargando il fronte delle azioni di lotta, radicalizzandolo sul territorio, sia possibile dare alla protesta maggiore incisività. Organizziamo manifestazioni regionali (o locali) ovunque sia possibile. Padova ha un ricco e diffuso tessuto democratico fatto di associazioni, comitati, centri sociali etc.; mettiamo in campo questo grande potenziale di soggettività, ognuna con le sue specificità, certo, ma accomunate da un unico obiettivo, quello di fermare il conflitto.
Alessandro Punzo