Nel 2011 ventisette milioni di concittadini decisero, col loro voto (2° quesito referendario), di espellere dalla tariffa del servizio idrico integrato la c.d. remunerazione del capitale investito, vale a dire la componente di profitto di cui godevano i gestori (il famoso 7%, secondo il D.M. del ’96); sei anni dopo, il 26 maggio 2017, il Consiglio di Stato restituisce l’acqua agli interessi e alle logiche del mercato, cancellando definitivamente l’anomalia referendaria. Lo fa respingendo i ricorsi del FIMA (Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua) e di Federconsumatori che contestavano la (truffaldina) riproposizione dell’abrogata voce di profitto nel nuovo metodo tariffario (MTT) che, intanto, una manina amica dei potentati economici e finanziari del Bel Paese aveva furbescamente inserito. Ma per i giudici di Palazzo Spada, la metodologia tariffaria adottata dall’AEEGSI con delibera n. 585/2012 (l’Authority per l’Energia Elettrica e il Gas a cui l’ex Bocconiano Monti aveva affidato i Servizi Idrici), è “pienamente compatibile con l’esito del referendum” (sic!).
Ne abbiamo dato notizia in un lungo articolo (“Acqua pubblica, la truffa infinita. Pubblicata l’attesa sentenza del C.d.S.”) apparso su EcoMagazine il 12 giugno scorso, a firma dello scrivente. Non ha fatto altrettanto la “grande” stampa, da quella mainstream a quella “amica” (leggi, il Manifesto). Scontato il cin dei gestori. E hanno di che brindare, se si considera che il solo comparto idrico nel nostro Paese fa registrare un fatturato annuo che sfiora gli 8 miliardi di euro, che arrivano a 33 se si considerano gas ed energia! E brinda pure l’AEEGSI che dagli stessi gestori è scandalosamente stipendiata…
Ma c’è di più. L’indecente sentenza del C.d.S. consente ai ringalluzziti gestori di esigere dalle migliaia e migliaia di utenti che in questi anni hanno praticato, coraggiosamente e pervicacemente, l’Obbedienza Civile, le quote di autoriduzione delle bollette dell’acqua della percentuale di profitto cancellata dai referendum (oscillante tra il 15 e il 20% del fatturato). Insomma, di riprendersi l’utile che gli “Obbedienti” avevano loro sottratto. A Padova, per esemplificare, il “ben tolto” ammonta a circa 70.000 €. Ebbene, dopo mesi di estenuante trattativa col gestore AcegasApsAmga (Gruppo HERA), gli ex autoriduttori delle bollette, a fronte della cessazione della campagna di Obbedienza Civile, sono riusciti ad ottenere l’abbuono delle autoriduzioni praticate negli anni 2012 e 2013, mentre le successive (vale a dire dal 2014 a oggi), seppure non gravate da interessi e oneri accessori, dovranno essere restituite: in forma rateale (da tre a otto, a seconda degli importi e con cadenza bimestrale), oppure beneficiando di un (magro) 5% di sconto strappato a ristoro di quanti potranno (o decideranno di) pagare in un’unica soluzione.
Meglio di niente, si dirà… ma l’amaro e la frustrazione che affiorano dalle parole degli ex-obbedienti è tanta: “L’Obbedienza Civile è stata la nostra principale battaglia per l’attuazione dei referendum del 2011 per l’Acqua Bene Comune (non la sola, ovviamente, come ricordano i tanti che hanno beneficiato dei rimborsi della tariffa depurazione delle acque reflue, hanno partecipato ai Referendum sociali, si sono impegnati contro i decreti Madia e la gestione privatistica targata Pd…). E’ stata combattuta da tutti noi nella consapevolezza dei rischi insiti in essa ma con la convinzione di porre in essere una battaglia di principio, di democrazia, di civiltà alla quale sentivamo di non poterci sottrarre. Così, siamo riusciti, per anni, a tener testa a un gestore del calibro di AcegasApsAmga- Gruppo Hera (una delle maggiori multiutility italiane quotate in borsa), sottraendogli (nonostante i solleciti di pagamento, le minacce di sospensione del servizio…, fino alla clamorosa decisione dell’azienda di soprassedere fino a sentenza del C.d.S.) quella componente tariffaria di profitto che non gli spettava e che, sappiamo, continua a non spettargli. Se alla fine, due vergognose sentenze ci costringono a pagare, del “ben tolto” ne restituiamo una parte, rateizzata con cadenza bimestrale e senza interessi e, come si diceva, con la consapevolezza di essere ancora, e sempre, dalla parte della ragione! Insomma, abbiamo combattuto una battaglia di cui siamo orgogliosi”.
Come dar loro torto. L’Obbedienza Civile, pur se territorialmente circoscritta, ha avuto il merito di aprire, nei confronti dei gestori, una stagione di forte conflittualità proprio sul nodo essenziale del profitto. E di aver coinvolto, su questo terreno, migliaia di utenti, resi consapevoli che la lotta per l’Acqua Bene Comune non può che muovere dal basso, dal contributo di ciascuno alla battaglia collettiva. La sentenza del C.d.S. chiude questa stagione, azzera l’orologio referendario, legittima la gestione mercantile dell’acqua (come se il 2° quesito referendario, appunto, non fosse mai giunto al voto)!
Dell’inevitabile “Che fare?” per ora si parla poco. Ma un’ultima considerazione si impone. Sarebbe fuorviante scaricare sui giudici tutta la responsabilità di un esito che, da qualunque parte lo si guardi, si rivela essere un vergognoso e indecente furto di democrazia (ai danni di milioni di concittadini). Perché nel gioco al massacro della volontà referendaria, posto in essere già a pochi mesi da quella straripante vittoria di popolo, tutti -come sul famoso Orient Express di Lady Mallowan (A. Christie)- hanno giocato la loro parte, dalle Autorità d’Ambito ai gestori, dai sindaci ai partiti politici, dall’Autorità di vigilanza (AEEGSI) fino ai governi del Paese (Berlusconi, Monti, Letta, Renzi..), a sottolineare il grumo di interessi che quei referendum avevano toccato. Dunque, andavano -e sono stati, di fatto- cancellati.
Ora gli italiani avranno pure memoria corta ma tra i tanti motivi per cui cresce la disaffezione al voto ci sarà sicuramente anche questa triste vicenda. Se ne terrà (finalmente) conto a “Sinistra”?
Alessandro Punzo