Caro Manifesto, questo tuo Cinquantesimo cade nel momento forse più buio della nostra storia repubblicana. Dopo venti e passa anni di berlusconismo e liberismo sfrenati, del loro circo corruttivo e mediatico, vero e proprio narcotico sociale, e di un decennio (quello successivo) vissuto pericolosamente sul filo di una crisi che per alcuni è stata senza ritorno, i cui contorni ci furono annunciati da una famosa missiva, mittente l’attuale inquilino di Palazzo Chigi, la pandemia da Covid si è rivelata come acqua bollente su un corpo già fortemente ustionato. Così le diseguaglianze hanno raggiunto livelli insopportabili; il Mezzogiorno, già discarica (fisica e) sociale d’Italia, si “voca” definitivamente a terra di emigrazione; il lavoro già precario e malpagato, si fa ancora più evanescente (e, perdonate, di merda!), come i diritti e le tutele un tempo posti a protezione di chi lo presta; e il territorio del Belpaese, martoriato da lustri e lustri di incuria e interessi malavitosi, costretto, come un corpo prostrato e violato, ad assorbire ancora “Grandi”, quanto stupide e insensate, opere, in vista di una improbabile transizione ecologica. Annunciata da una classe politica oramai suicidante, che si inchina (meglio, si aggrappa), in un ultimo disperato e grottesco gesto, all’uomo-sistema che la farà risorgere dalle ceneri… Questo e tanto, tanto altro ancora, rende prezioso il tuo racconto quotidiano, caro manifesto. Nella speranza, persino scontata, che nei prossimi Cinquanta si possa costruire, insieme, un mondo diverso.
a.p.
(sul Manifesto del 1° maggio 2021)