In questo lungo e oramai insopportabile “inverno” sociale, politico ed economico, ci siamo ripetuti, fino alla nausea, che la pandemia è il frutto avvelenato di un pianeta stressato dall’ingordigia di un sistema (capitalistico) estrattivo, onnivero e iperconsumistico. Tra un paio di settimane (12-13 giugno), nel Belpaese, ricorre il decennale dell’inapplicato referendum del 2011 che sancì -suffragato dal voto di 27 milioni di concittadini- la fuoriuscita dell’acqua dalle logiche di mercato e di profitto. Perché Sinistra italiana, il Partito Democratico, i Cinquestelle, la galassia proponente il Manifesto per il dibattito pubblico sulle opere della transizione ecologica (Legambiente, Wwf, Libera, Acli etc.) non assumono proprio il tema della ripubblicizzazione dell’acqua come dirimente per la salute e il futuro del Paese, anche alla luce dell’ennesima, vergognosa, spinta privatizzatrice della gestione del servizio idrico integrato del Mezzogiorno, contenuta nel PNRR a firma Draghi?
Sarebbe un segnale, tangibile, che fuoriuscire da questo inferno non solo è necessario ma anche possibile.
a.p.
(Il manifesto, 1° giugno 2021)