La condanna di Mimmo Lucano fa emergere, con evidenza palmare, il conflitto, sempiterno, tra legalità e giustizia, cioè tra un diritto positivo, frutto delle umane scelte, e un diritto che un tempo si definiva naturale, perché legato a ideali di giustizia, libertà, umanità, solidarietà che, nella fattispecie, hanno fatto la cifra del comportamento “colpevole” dell’ex sindaco di Riace. Rendere la giustizia giusta, però, non è compito dei giudici ma della politica. Dunque, il passo successivo alla sacrosanta denuncia dell’immonda sentenza è quello di lavorare affinché le vergogne giuridiche su cui essa riposa, a partire dal reato di immigrazione clandestina (d.lgs. 286/’98) fino alla legge Bossi-Fini (l.189/’02) e succ. modifiche, siano definitivamente cancellate dal nostro ordinamento giuridico. Perché la clandestinità, lo si dimentica, vero cuore del problema, non è una naturale condizione umana, ma il frutto del patto scellerato tra politiche razziste e capitale.
A.P.
“Il Manifesto”, 5 ottobre 2021